È sotto gli occhi di tutti, ormai, che la “questione omosessualità” è una delle grandi sfide teologiche e pastorali della Chiesa di questo secolo. Basti pensare all’acceso dibattito del Sinodo 2014-2015 sulla famiglia, che ha visto emergere una realtà ecclesiale divisa a tutti i livelli, o almeno decisamente “in cammino”. È la questione, d’altro canto, che crea maggiori incomprensioni tra Chiesa, laici e società civile (incline a legittimare per via legislativa le unioni omoaffettive), ben più di altre, come la contraccezione o il sacerdozio femminile, che avevano acuito lo scontro nei decenni passati.
Sugli esiti del Sinodo e i suoi silenzi è stato detto molto1: Amoris Laetitia è un testo – su questa tematica – sostanzialmente conservatore2, ma l’accidentato percorso sinodale «ci ha mostrato la necessità di continuare ad approfondire con libertà alcune questioni dottrinali, morali, spirituali e pastorali»3. L’amore omosessuale è uno di questi, lo si voglia o no. E se non è cambiata la dottrina, è almeno cambiato il metodo con cui affrontare le controversie su alcuni temi. Il che fa ben sperare.
Questo numero di Adista s’inserisce nella consapevolezza di questo nuovo atteggiamento e in questa sfida. Nell’introdurlo, tratteggerò lo “stato dell’arte” a livello teologico, per poi focalizzarmi sulla pastorale. Procedo per punti.
Stato d’avanzamento in esegesi e teologia
Se l’esegetica ha sciolto buona parte delle difficoltà legate all’interpretazione intransigente dei versetti biblici, più complessa è la situazione della sistematizzazione teologica. L’antropologia cristiana fatica ancora a confrontarsi con il concetto di orientamento sessuale (o.s.), ed è per questo motivo che le istanze del mondo omosessuale sono diventate un problema test per la teologia cattolica (e per la filosofia4), poiché implicano di andare alle radici dei propri dispositivi teologici in morale sessuale. Senza pretendere di fare un resoconto delle questioni aperte5, è noto, ad esempio, che il conflitto con il paradigma scientifico – e la conseguente cultura sessuale – nasce dall’acquisizione moderna secondo cui l’o.s. non ha a che fare solo con la funzionalità degli organi, ma col desiderio, un fenomeno psicologico la cui evoluzione non è intrinsecamente eterosessuale, perché non è orientata (primariamente) alla procreazione6.
Accettare l’esistenza di un o.s. che si scopre (non si sceglie), allora, costringe a rivedere in parte l’insieme delle inclinazioni naturali che ci permettono di individuare i beni che rientrano nella legge morale naturale. Il fine (o bene) procreativo necessita o di un’interpretazione più ampia o di essere esigito solo in determinati contesti.
La difficoltà di pensare a uno sviluppo diverso da quello lineare “sesso biologico-identità di genere-orientamento eterosessuale-procreazione” sta dunque alla base dell’incapacità di concepire l’esistenza di più identità sessuali, di varianti sane della sessualità; e risiede in una rigida interpretazione teleologica, nella quale il desiderio sessuale (e quindi l’uso degli organi genitali) ha come unico fine la procreazione biologica7. Ecco perché, come si diceva in apertura, oggi il “tema omosessualità” è diventato il punctum dolens della teologia, ed è percepito dai più – a ogni di livello di discussione – come “la questione” con cui la Chiesa dovrà fare i conti se vorrà, finalmente, chiudere con un passato di modelli teologici carichi di pregiudizi e di pre-comprensioni pseudo-scientifiche, oltre che inserirsi in un modello democratico laico e liberale.
Nonostante le difficoltà teologiche (e disciplinari), non sono poche ormai le proposte interne al mondo cattolico che cercano d’armonizzare le acquisizioni scientifico-culturali con la morale sessuale cristiana8 (anche di solida impostazione tommasiana9). Certo, ciascuno può esprimere le sue perplessità, ma senza dubbio, pensare teologicamente l’orientamento sessuale è il compito dell’attuale “teologia delle sessualità”. Sforzo che si traduce nel comprendere perché il disegno di Dio preveda che ci siano minoranze sessuali (sarà necessario formulare una fenomenologia dell’amore omosessuale) e quale sia il Suo progetto su tanta diversità: forse è più ampio del previsto, forse rimarrà un mistero.
Se abbiamo l’umiltà di riconoscerlo, sarà fondamentale sondare se la recente teologia dell’unità duale, dell’una caro, il mistero nuziale e la teologia della famiglia come immagine della Trinità siano realmente consistenti10. La mia ipotesi è che ciascuna di esse sia valida (con non pochi accorgimenti!) quando è utilizzata per descrivere la bellezza di una realtà e non – come avviene oggi – per screditarne un’altra11. Le teologie che nascono “contro” qualcuno, raramente sono equilibrate. Faccio un esempio spicciolo: considerare il mistero nuziale come un destino all’eterosessualità riproduttiva – e considerare ogni azione che non attui quel destino come una negazione del mistero-progetto trinitario di Dio – crea dei cortocircuiti teologici, soprattutto riguardo alla scelta di vivere la sessualità in forma celibataria.
Come avanzare ancora?
Se la precarietà teologica (attuale) e l’approvazione ecclesiale (futura) hanno tempi di maturazione lunghi, quelli della vita reale sono brevi: che fare, dunque nel frattempo? Un’operazione che può sembrare banale – ma non lo è affatto – è cominciare a conoscere questa diversità: incontrandola, per sperare di comprenderla. Va bene l’ideale, ci ricorda papa Francesco, ma questo non può renderci ciechi di fronte alla realtà. E quest’ultima, oggi, è fatta anche della quotidianità degli amori delle minoranze sessuali. I teologi non possono più far finta che non esistano, pena il vivere in un mondo avulso da quello dei fedeli. Del resto, i ritardi nella teologia sono dovuti proprio a un “non voler vedere”, un “non voler incontrare”. Ecco perché scorgo all’orizzonte – nell’era di (più) libera discussione aperta da Francesco – due sfide per i cristiani Lgbt.
La prima è di contribuire al rinnovamento dottrinale: le persone omosessuali desiderano restare nella Chiesa, e questo prezioso legame con l’istituzione è espresso proprio nella richiesta di riconoscimento, non di semplice compassione. Le coppie cristiane Lgbt credono fermamente che in una razionalità condivisa possa trovare una sistemazione (teo)logica anche il proprio amore; ecco perché sostengono un rinnovamento dottrinale che non passi per l’abbandono di tutte le categorie etiche.
La seconda è quella della testimonianza: è il compito primario di andare dai pastori delle proprie Chiese e porsi in dialogo con loro. Consapevoli che per la maggioranza dei presbiteri, dei vescovi, l’omosessualità è un tema lontano, che li imbarazza e li mette in seria difficoltà pastorale (dovuta anche allo strabismo dottrinale); in pochi hanno la fortuna di parlare con credenti omosessuali che mostrino loro un percorso di fede e di amore; e se la verità si coglie nelle relazioni12, non possiamo sottrarci dal compito d’instaurarle con parresia e apertura di cuore. Questa è la pastorale che le persone omosessuali possono svolgere nei confronti della Chiesa13, sapendone accettare con pazienza e tenerezza le lentezze.
Come alcuni autori testimoniano nelle pagine seguenti, i cristiani Lgbt italiani stanno promuovendo ottime campagne di sensibilizzazione. E bisogna riscontrare una nuova sensibilità da parte dei media cattolici moderati; per la prima volta dopo secoli di silenzio, il mondo dei cristiani Lgbt trova la possibilità di testimoniare fiduciosamente la propria esistenza, positiva in quanto esistenza, comunità di persone raccolte nel nome di Gesù. Seppur con delle riluttanze interne, la Chiesa italiana sta trovando la forza di mettersi in ascolto (fa parte del suo compito, della sua essenza!) e va sostenuta in questo cammino; i frutti di bene non tarderanno a venire.
L’approfondimento proposto da Adista va in questa direzione narrando storie e progetti. Un incontro vivo con la diversità: gli autori testimoniano percorsi molto differenti, fatti di fatiche e gioie, protesta e proposta, cedimenti e rilanci. Ascoltiamoli senza pretendere di giudicarli, e sappiamone cogliere la buona volontà che li ha spinti a mettersi in gioco, qui come nella vita di tutti i giorni.
Le esigenze pastorali
In attesa di una visione teologica d’insieme è importante offrire alle persone omosessuali, qui e ora, un realistico percorso di vita (anche di coppia) cristiana – spirituale14 – conforme al bene possibile nella condizione data. Amoris Laetitia, da questo punto di vista, dà un piccolo segnale: quando si parla di famiglia bisogna parlare della possibilità che al suo interno vi siano persone gay. È una situazione comune, e perché tale va presa in considerazione con una certa serenità. Un genitore che legge AL è messo di fronte (si “prefigura”) alla possibilità di avere un figlio (o un parente) omosessuale, e la strada indicata è una sola: accoglienza serena prima di tutto, e poi discernimento. Riuscirà, questo, a ridurre i drammi di rifiuto che oggi si consumano nelle famiglie? Ho fiducia che la risposta possa essere affermativa. Da AL emerge che il figlio Lgbt non è (più) un lebbroso15, né una catastrofe: è un dono di Dio che può compiere la sua vita cristiana.
Questa accoglienza, a livello di comunità ecclesiale, saprà tradursi in azioni concrete volte a smontare cognitivamente i pregiudizi, attraverso processi di formazione in parrocchia? La speranza è che la risposta sia di nuovo affermativa; sarebbe la più coerente con l’invito generico all’inclusione di AL. C’è davvero un urgente bisogno di una nuova narrazione delle minoranze sessuali (e dei loro amori) nelle Chiese, con un linguaggio e una concettualità che la sappia “dire” con rispetto, superando quella latente omofobia che ancora c’impedisce un incontro sincero. È la speranza che – nonostante le nostre comunità non perderanno mai il vizio atavico d’escludere il presunto peccatore – Gesù tornerà continuamente a ricordarci che «anche lui», come Zaccheo, «è figlio di Abramo» (Lc 19,9).
Per concludere con uno sguardo di contesto: oggi assistiamo alla lenta e faticosa attuazione della rivoluzione dolce del Vangelo, riguardo alla visione della donna, della laicità, della democrazia, delle minoranze religiose, etniche e sessuali. Tolleranza, libertà e uguaglianza di dignità sono i Suoi frutti, che le nostre comunità stanno ora facendo maturare, assieme alle energie della società civile. Allora forza, «sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?» (Lc 12,54-59).
Le testimonianze raccolte ci aiutano a guardare a questo tempo presente, con sguardo critico, accettando “il dolce gioco” dell’imprevedibilità della diversità. Per poterlo giudicare con ponderatezza non c’è davvero una via migliore. Prima o poi, ne sono convinto, si passerà dai silenzi al canto (Sal 30,13). Con coraggio, Adista cerca di aggiungere qualche nota allo spartito che si va via via componendo.
Note
1 L. Eugenio, “Le parole che non ti ho scritto”, in Adista Notizie 38/2015; D. Migliorini, “Sinodo, sull’omosessualità un silenzio rumoroso”, in Micromega-online, 2015.
2 Una mia più articolata analisi: “Amoris Laetitia e pastorale per le persone omosessuali”, in Confronti.net, 2016.
3 Amoris Laetitia, n. 2.
4 Per uno sguardo filosofico: J. Finnis e M. Nussbaum, “Is Homosexual Conduct Wrong?”, in The New Republic, 15\11\1993; M.J. Perry, “The Morality of Homosexual Conduct”, in Notre Dame Journal of Law 41 (1995), 41-74; J. Corvino ed., Same Sex: Debating The Ethics, Rowman-Littlefield 1997; J. Corvino e M. Gallagher, Debating Same-Sex Marriage, Oxford Univ. Press 2012; E. Feser, Michael Rea Owes Swinburne An Apology, in edwardfeser.blogspot.com, 26\09\2016.
5 Cf. A. Autiero, “Omosessualità: uno sguardo nuovo?”, Il Regno Doc, 32 (2015), 12-18.
6 N. Bonetti, “Intervista al moralista Schockenhoff”, in Ilregno-blog.blogspot.it, 2015; X. Thévenot, “Nuovi sviluppi in morale sessuale”, in Concilium 10 (1984) 3, 148-159.
7 Di qui la persistenza, nella Chiesa, della promozione delle “teorie riparative” (cf. P. Rigliano et al., Curare i gay?, Cortina 2012).
8 Oltre al nostro libro, qualche altro titolo: S.L. Cahill, Sesso, genere ed etica cristiana, Queriniana 2003; E. Chiavacci, “Omosessualità. Cercare ancora”, in Vivens Homo 11 (2000) 2, 423-457; K. Mertes, “La rimozione dell’omofobia nella Chiesa”, in Gionata.org, 2016; M. Vidal, Omosessualità, scienza e coscienza, Cittadella 1983; V. Tombolato, Omosessualità. Un oggettivo disordine morale?, Brigo 2008; C. Demur e D. Müller, L’omosessualità. Un dialogo teologico, Claudiana 1995; J. Gafo, Omosessualità, un dibattito aperto, Cittadella 2000; Aa.Vv., “Le omosessualità”, in Concilium 1 (2008), 13-147; G. Piana, Omosessualità. Una proposta etica, Cittadella 2010; G. Robinson, Le strade dell’amore, Piagge 2015; T. Salzman e M. Lawler, The Sexual Person, Georgetown Univ. Press 2008; M. Farley, Just Love, Bloomsbury 2006; P. Gamberini, “Coppie omosessuali”, in Il Regno Attualità 2 (2015) pp. 129-13. Più dirompente: M. Althaus-Reid, Il Dio Queer, Claudiana 2014.
9 A. Oliva, L’amicizia più grande, Nerbini 2015.
10 Tra le poche voci critiche, segnalo: S. A. Ross, “The Bride of Christ and the Church Body Politic”, in Verifiche 42 (2013) 1-3, 215-230.
11 Mi sembra questo il vizio di fondo, ad es., di S. Belardinelli e L. Melina (eds.), Amare nella differenza, Cantagalli 2012; cf.: S. Girgis et al., “Che cos’è il matrimonio?”, Vita&Pensiero 2015.
12 Consiglio: G. Findlay, “Wolterstorff Says ‘Yes’ To Same-Sex Marriage”, 2016, in www.calvin.edu.
13 Ho proposto questa prospettiva al IV Forum dei Cristiani Lgbt (Cf. “Omosessualità. Pensare e sognare una pastorale per la Chiesa”, 2016, in Gionata.org). È il messaggio anche del documento finale, “In cammino nella Chiesa” (Gionata.org, 6 nov. 2016).
14 J. McNeill, Scommettere su Dio. Teologia della liberazione omosessuale, Sonda 1994; F. Barbero et Al., Il posto dell’altro, La Meridiana 2000; J. Gramick e R. Nugent, Anime gay, Ed. Riuniti 2003; J. Alison, Fede oltre il risentimento, Transeuropa 2007; Lorenzetti e Rossi in Presbyteri 30 (1996) 2; rimando alla parte pastorale del nostro libro (pp. 347-408).
15 L. Ciotti, “I ‘nuovi’ lebbrosi”, in Aa.Vv., Francesco un “pazzo” da slegare, Cittadella 1983, 243-259.
L’autore di questo articolo è Damiano Migliorini, filosofo e autore, insieme a Beatrice Brogliato, del libro L’amore omosessuale. Saggi di psicoanalisi, teologia e pastorale, Cittadella 2014
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