Alle 6 di mattina sono già in piedi, e mentre mi preparo un caffè, accendo la Tv per le notizie. Mi sintonizzo sulle principali reti e il mio caffè diventa un affogato nell’acquasantiera. Immancabili scorrono sigle di Tg dove troneggia il papa. A seguire, su tutto e di più, il parere di un porporato o di un parroco fa macchia. Alle 7 accendo la radio per le rassegne stampa, e nel turnover di conduttori da prima pagina devo sorbettarmi anche quello che esordisce: «Oggi la Chiesa cattolica festeggia San…». Per non parlare delle sviolinate clericali, assurte ormai a stilema da giornalisti sempre più inglobati nelle coorti della Cei, o che aspirano ad acquietarvisi.
I telegiornali li rivedo la sera e qualche volta all’ora di pranzo. Fasce orarie in cui è ancor più gara aperta per compiacere il Vaticano, omaggiato finanche dai “mezzi-busti” di signore con al collo rosari, croci e madonne. Un adiuvandum alla già pesante sovraesposizione mediatica della Chiesa cattolica che si avverte, ma che è certificata anche dai rilievi h24 di agenzie specializzate.
La colonizzazione vaticana dell’etere è cresciuta negli ultimi 10 anni. Sulle “generaliste” deflagrano telegiornali, approfondimenti, dirette su quanto fa e dice il papa. I palinsesti abbondano di narrazioni su guarigioni portentose, apparizioni mariane, visite a santuari… tra fiction a marchio cattolico, che spalmate da mane a sera, sono decuplicate negli ultimi cinque anni.
Un monopolio vaticano che influenza anche nomine e destituzioni di personale
Tutti ricorderanno, ad esempio, il caso di Roberto Balducci, il vaticanista del Tg3 rimosso dal suo incarico, mentre il direttore Di Bella si preoccupava di scusarsi con la “Santa Sede”: «La linea editoriale del Tg3 è stata sempre caratterizzata da grande attenzione e rispetto per il Vaticano». La “colpa” di Balducci? Aver detto la verità all’edizione delle 19 del Tg3 di domenica 12 luglio 2009, a proposito del poco seguito di pubblico agli incontri di papa Ratzinger: «Quattro gatti, forse un po’ di più che hanno la pazienza di ascoltare le sue parole». Guai a infrangere l’immaginario d’ordinanza: folle plaudenti e commosse al seguito del papa! Guai a far trapelare che l’Italia è nella realtà dei fatti un Paese più laicizzato e secolarizzato di quanto si voglia far credere!
Il crocefisso nelle aule delle scuole pubbliche è sempre più raro? Ecco pronta mamma Tv con le immagini di repertorio che lo mostrano in aula. Irreversibile è il calo alle superiori dell’Irc? Ecco scendere direttamente in campo la vaticana Tv2000 con “Buongiorno professore” nella speranza di fargli riprendere quota. Aumenta il numero di quanti sentono l’esigenza di scandire momenti importanti della vita – nascita di un figlio, matrimonio, funerale, ecc. – senza ricorrere alla benedizione del prete? Ecco pronta “Cattiva maestra Tv” a sciorinare battesimi matrimoni e funerali in chiesa. Anche se ormai, di fronte a personaggi famosi della cultura e dello spettacolo che usufruiscono di riti laici, è costretta a farvi cenno.
È questa ostentazione virtuale di “normalità” cattolica che infastidisce e preoccupa. Un accerchiamento funzionale a favorire la Chiesa curiale e la sua lotta alla modernità mai dismessa. Perché modernità significa libertà di autodeterminazione nel diritto, dovere di essere ciascuno il proprietario della propria vita. Un valore laico inalienabile a garanzia della dignità personale costituzionalmente garantita.
Eppure, nonostante la Laicità sia il fondamento della Democrazia, sì è sempre costretti a lottare per il suo rispetto contro mallevadori vaticani che non vogliono deludere i loro protettori.
Di qui le corse contro il tempo per ottenere la pillola del giorno dopo, o per abortire negli ospedali pubblici. Per non parlare dei chierichetti parlamentari e governativi che ce la mettono tutta per elevare il catechismo a legge dello Stato. Quinte colonne che continuano a seminare discriminazione contro i gay, che impediscono leggi umane sul fine vita, ecc. E che sono arrivati a partorire una legge crudele come la 40 che – prima di essere polverizzata nelle corti italiane ed europee – si accaniva finanche contro il diritto di un bambino a nascere sano!
I laici in un Paese dove la laicità è principio supremo della Costituzione (Corte Costituzionale 203/1989) hanno dovuto sempre lottare contro i soprusi clericali che ti perseguitano – per fare un altro esempio – anche quando sei costretto in una corsia di un pubblico ospedale a subire la presenza di un prete che ti infastidisce con le sue profferte di confessioni e messe. O che arriva, senza essere richiesto, al letto di un tuo familiare morente per l’estrema unzione. Tutto questo, e tanto altro ancora, accade perché nel nostro Paese la grande incompiuta è la separazione tra Stato e Chiesa.
Un processo che la classe dirigente liberale dopo l’Unità d’Italia aveva cominciato a realizzare con fermezza – a partire dalla sottrazione della scuola al monopolio ecclesiastico – per fondare quello Stato di diritto dove la legge non era più sulle ginocchia del clero.
Mussolini, l’ateo Mussolini, quella separazione bloccò col Concordato, che mantenuto dopo il crollo del fascismo dalla Repubblica italiana, è stato addirittura perfezionato nel 1984 col rinnovo che ne volle Craxi, in cerca di benedizioni per la scalata al potere. Ai poteri forti il “decisionista” “rottamatore” di allora offriva in cambio la resa di conti contro il processo di emancipazione culturale e sociale degli anni Settanta, che aveva messo anche i controllori dell’anima in default.
Il Concordato craxiano regalava alla religione cattolica un formidabile trampolino di rilancio, «riconoscendo i principi del cattolicesimo parte del patrimonio storico del popolo italiano». Una formulazione non certo innocente, e che affidava a questa Chiesa un ruolo paritetico a quello dello Stato nella «reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese».
Fummo in pochi a denunciarlo nel clima di imbibimento della devolution craxiana: dove il “rampantismo” diventava l’amorale giustificazione di massa per il farsi i casi propri. Un’autostrada per il neoliberismo d’assalto che nella religione del “beati i poveri per il regno dei cieli” trovava il migliore distrattore di massa.
Tornava il fantasma medievale dell’identificazione ontologica di ciascun essere umano col cattolico, che lo Stato assecondava. La Stato repubblicano, non più promotore nel supremo valore costituzionale della laicità nell’affrancamento da dogmi e padroni, ma fiancheggiatore dei precetti cattolici, fatti coincidere con “il bene del Paese”.
La religione cattolica come parte integrante del popolo! Non è forse quello che afferma oggi l’islam politico?
Col Concordato da Mussolini a Craxi si è archiviato ogni sussulto di separazione Stato-Chiesa.
I laici venivano presentati come grandi rompiscatole. Anzi bisognava imbrigliarli, in quei ribaltamenti che il mondo vero fanno diventare favola. Ecco allora che, in proiettive esercitazioni di affabulazione clericale, i laici venivano accusati di integralismo! Mentre unti dal Signore e coorti di untorelli al vin santo, si lanciavano – a destra e a manca – in spasmodiche gare per sempre maggiori erogazioni di privilegi e denari pubblici al Vaticano.
Forti di questo, dopo la parentesi di papa Luciani, sulla cui morte restano ancora tanti misteri insoluti, arrivano papa Wojtyla e poi papa Ratzinger, a cercare di imporre l’universalismo della dogmatica cattolica in rinnovate alleanze trono-altare. Ma intanto, nonostante i sigilli dei nuovi “uomini della provvidenza”, il processo di emancipazione laica verso la modernità avanzava. E con essa il crescente deficit di osservanza della dogmatica clericale finanche tra i cattolici praticanti. In questa crisi dell’ortodossia della fede si colloca anche la “deposizione” di Ratzinger e l’elezione di Bergoglio a papa, che la laica separazione Stato-Chiesa sta cercando di affogare con i suoi gesti e le sue frasi ad effetto, che grazie alla camera di risonanza offertagli dai media, diventano materiali per la soap opera di annunci di “rivoluzione” che della dottrina però nulla cambiano.
L’altro: il libero pensatore, l’apostata, l’eretico, l’ateo, restano i diversi da inglobare “misericordiosamente” – previo pentimento e conversione – nel gregge dell’universalismo cattolico. Il linguaggio è cambiato, ma la sostanza non cambia. Ed è sempre quella della conquista della pubblica agorà.
Attenzione allora al clima di “bergoglite” diffusa che il suadente papa Francesco ben cura!
John Stuart Mill nel suo saggio Sulla libertà (1869), metteva in guardia da quell’accerchiamento dell’opinione pubblica che si crea e che emargina chi non si conforma, nonostante l’esistenza di Costituzioni e leggi democratiche a tutela dei diritti e delle libertà individuali.
«Il dispotismo della consuetudine – scriveva – si erge ovunque ad ostacolo fisso del progresso umano ed è in costante antagonismo con quella disposizione che aspira a qualcosa di meglio del consuetudinario e che è chiamata, a seconda delle circostanze, spirito di libertà».
E lo spirito della libertà è sempre vagabondo, imbrigliabile; perché laico nell’autonomia e responsabilità della libertà di pensiero e di scelta.
Ciò che mi preoccupa allora, non è il papa che fa il papa. Quel che mi preoccupa è l’insipienza di tanta cultura e di un ceto politico in crisi di rappresentatività politica, che pur di stare a galla archivia la separazione Stato-Chiesa, mentre stende ponti d’oro al ritorno del governatorato pontificio.
L’autrice di questo articolo è Maria Mantello, Già insegnante di Storia e Filosofia, è Presidente dell’Associazione Nazionale del Libero Pensiero Giordano Bruno.
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